Ad oggi, il copione è rimasto lo stesso e neanche la doppietta thrilling di mercoledì con il Torino sembra aver scalfito le sicurezza di James Pallotta: Francesco Totti, storia, anima e bandiera di un calcio che va via via appassendo, non dovrebbe rinnovare il proprio contratto con la Roma, in scadenza il prossimo 30 giugno.
Sembra che di margini per discutere ce ne siano pochissimi, i due contendenti (con Spalletti a fare da paraurti) sono inchiodati su posizioni antitetiche e inconciliabili. Pallotta, espressione dell’intera proprietà a Stelle e Strisce, vede il Numero 10 come un calciatore al tramonto, un peso per lo spogliatoio capitolino più che una freccia in più nella faretra del tecnico toscano. Il dirigente ha cercato di convincere il ‘Pupone’ ad accettare un ruolo dirigenziale all’interno della società ma Totti da quell’orecchio non ci sente proprio e non ha alcuna intenzione di farlo: lui si sente, alle soglie delle 40 primavere, un calciatore a tutti gli effetti e non vuole in alcun modo appendere i fatidici scarpini al chiodo.
Un’impasse da cui sembra davvero difficile uscire senza che qualcuno non si faccia male. O persino tutti i contendenti. Trincerata dietro i confini oceanici, la proprietà ha sposato una linea dura, già tracciata con decisione, che dagli States rimbalza fino alla Città Eterna e che non sarà modificata; per Totti c’è sempre spazio all’interno della A.S. Roma, ma non nel rettangolo verde. Un braccio di ferro pericolosissimo, perché dare il benservito a uno come il Capitano significa rischiare di spaccare lo spogliatoio, di generare disaffezione tra i tifosi di sempre, significa costringere Spalletti ad altre improbabili serpentine semantiche per dribblare le domande dei giornalisti, che si fanno sempre più scomode e rumorose.
E Totti che fine farà? Ora come ora, non sembra che sia disposto ad accettare la proposta (o il ricatto? Punti di vista), vuole continuare a calcare i campi da gioco e sembra intenzionato a farlo, che sia all’ombra del Colosseo o da qualche altra parte. Non è da escludere un percorso analogo a quello già battuto da Alex Del Piero, un altro grande bistrattato dalla logica del calcio-manageriale di oggi più che dalle società in sé. Già, potrebbe concedersi una puntatina verso l’estero, sponsorizzata anche dalla Nike, di cui l’ottavo re di Roma è testimonial. Stati Uniti o qualcosa di più esotico, non si può escludere nulla, o quasi. Quasi impossibile che il capitano vada a indossare un’altra maglia della nostra Serie A, non ne sarebbe capace lui e, c’è da augurarsi, non ne sarebbero capaci le altre società.
C’è da presumere che il verdetto finale non tarderà ad arrivare. Alla conclusione del campionato mancano solo quattro giornate ed è impensabile che Totti possa congedarsi dai suoi tifosi senza neanche una partita d’addio, senza prendersi il saluto solenne che tutta la Roma giallorossa desidera tributargli. Ma il calcio non è una questione di cuore, non più, e Totti, la sua storia, i suoi tormenti, tutto ciò, non è che il simbolo sbiadito dei tempi che cambiano.